One Piece-Un calderone di citazioni

Discutiamo di One Piece da un punto di vista più creativo

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    10.000.000 di berry

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    Salve! L'aspetto più citazionistico di One Piece è un qualcosa di cui un po' tutti siamo a conoscenza... Purtroppo però a volte ci si perde delle chicche davvero particolari (soprattutto quando si parla di giochi di parole con personaggi,design poteri etc.) Per questo motivo ho creato questo topic in cui anche voi potrete divertirvi a racimolare informazioni e realizzare il profilo di un personaggio/di un luogo/situazione dal punto di vista puramente creativo con i vari riferimenti o con quelli che potrebbero essere degli spunti presi in considerazione da oda..Io comincerò con i tre dolci comandanti per quello che sappiamo attualmente (poi in futuro la descrizione potrà essere aggiornata), per poi magari passare agli altri membri della ciurma di Big Mom (per ora)
    Ora piano piano cancellerò i vari post per reinserirli aggiornati in questo primo commento (sperando che li vediate)
    Charlotte Cracker
    1. Charlotte Cracker, “L’uomo Biscotto”
    Charlotte Cracker detto “Thousand Arms”, decimo figlio maschio della famiglia Charlotte, ministro dei Biscotti con incarichi amministrativi su Biscuit Island, è un pirata sulla cui testa pende una taglia che ammonta a 860.000.000 di Berry
    Egli ha ingerito il frutto Bisu Bisu della categoria Paramisha, frutto grazie al quale può produrre biscotti particolarmente resistenti , ma che si ammorbidirebbero se inzuppati con acqua (e presumibilmente con qualunque altro liquido) a tal punto da divenire facilmente masticabili come visto durante lo scontro con Luffy.
    Allora per cracker si intende il tipico biscotto salato, asciutto e sottile, ottenuto a partire dalla galletta che, economica e durevole, veniva usata come forma di sostentamento dai militari durante viaggi di lunga durata.
    Per quanto in lingua inglese esista la parola “biscuit”, cracker viene usato come termine più specifico in modo tale da fare una una distinzione con i "coockies", ossia i tipici biscotti dolci.
    Nel capitolo 836, quando ancora non eravamo a conoscenza del suo aspetto reale, nell'atto di fare in modo che il Biscuit Knight da lui controllato dall’interno aumentasse il numero di arti toccandosi le spalle, lo sentiamo pronunciare le seguenti parole:
    "Con un colpo si divide in due,con un altro colpo si divide in tre".
    Ciò , a dimostrazione del fatto che l’elemento culinario e quello della fiaba e del racconto alla base della struttura narrativa di WCI molto più spesso di quanto si possa pensare diventino un tutt’uno, sembrerebbe far riferimento ad una canzoncina giapponese per bambini intitolata "Magic Pocket" e che recita:

    "There is one biscuit in a jacket pocket
    By tapping on the pocket, it becomes two biscuits
    By tapping again it becomes three biscuits
    By tapping more and more it becomes many biscuits"

    E proprio perché si parla di canzone, e quindi di parole in musica, non sembrerebbe essere un caso che Cracker, in modo un po’ anomalo rispetto a tutti gli altri personaggi finora visti in possesso di Paramisha ad emissione, per creare e modellare i biscotti batta le mani quasi “a ritmo di musica”: una volta volta per crearli, tre volte per ridurli in briciole e modellarli.
    All’inizio di questa analisi si faceva riferimento al fatto che il cracker derivi dalla galletta, conosciuta in inglese come ship's biscuit, shipbiscuit, sea biscuit, sea bread, pilot bread, o “Hardtack” , termine che deriva dallo slang “tack” usato dai marinai britannici per indicare il cibo.

    In tal caso considerando anche la forma dei biscotti creati simile a quella di una galletta, non risulta difficile capire quale sia l’origine del nome della tecnica "Hard Biscuit": tecnica che consiste nell’utilizzare lo scudo del Biscuit Knigth indurito con l’haki dell’armatura per bloccare, respingere gli attacchi, e poi magari schiacciare l’avversario al suolo con forza.
    Un altro dettaglio che non è passato sicuramente inosservato è che i codini di Cracker sembrerebbero emettere alle estremità delle scintille in continuazione , o per lo meno in presenza di cavalieri di biscotti controllati a distanza, cosa che fa pensare che esse vengano usate come se fossero antenne.
    Inoltre questo piccolo dettaglio potrebbe nascondere in realtà l’intenzione da parte dell’autore di fare uno dei suoi soliti giochi di parole, in questo caso con il termine inglese usato per i fuochi di artificio: “Firecrackers”
    2.0 Pretzel, una spada unica al mondo
    Questo è il modo in cui il Dolce comandante descrive la sua spada di nome Pretzel che pertanto, si suppone essere una delle Meito al pari di Shirauo, la spada di sua sorella Amande.
    Pretzel o Brezel è lo stesso nome di un pane molto comune tra le popolazioni di lingua tedesca e quindi in Germania, Austria,Svizzera, dove a seconda della regione potrà assumere denominazioni differenti.
    Questi pani vennero chiamati inizialmente “pretiola” ( ricompensa in latino),italianizzato poi in brachiola; in seguito,una volta oltrepassate le Alpi, assunsero il nome con il quale oggi sono conosciuti.
    Riguardo le sue origini le teorie sono le più disparate: alcune collocano la sua nascita nei monasteri del Sud della Francia o nella bassa Germania, altre vedono il suo inventore un frate italiano di nome Brescello,( in dialetto Bersel da cui sarebbe derivato Brezel) monaco che nel 610 si dice li desse come ricompensa ai bambini che riuscivano ad imparare a memoria le preghiere e i versi della Bibbia.
    Ed infatti la tipica forma del Brezel rimanderebbe alle piccole braccia (significato letterale di brachiola in latino) unite in preghiera, ma non solo.
    Infatti non può sfuggire, ai più attenti, che i buchi formati dall’intreccio di pasta sono tre; un numero che, da questa prospettiva, richiama la Santa Trinità.
    Altrettanto affascinante risulta essere la storia relativa all’impasto, alla cottura e all’aspetto tostato arricchito dai chicchi di sale. Intorno al 1620, secondo la leggenda, i brezel arrivarono negli Stati Uniti a bordo della Mayflower, la nave con la quale i padri pellegrini diedero inizio alla colonizzazione dell’America. In Pennsylvania, dove inizialmente si diffusero, sembra sia nata la variante dura che ancora oggi conosciamo.
    Si narra che un’ apprendista fornaio si addormentò durante la cottura dei brezel e, svegliatosi con la convinzione che il pane non fosse ancora pronto a causa dello spegnimento del fuoco, diede loro una seconda cottura, indurendoli. Infatti il termine Biscotto significa letteralmente “cotto due volte”: i biscotti di una volta non erano altro che pezzetti di pane ripassati in forno due volte per diventare croccanti, friabili, per perdere ogni traccia di umidità e mantenersi bene per lungo tempo.
    Ora tralasciando il fatto che il ciuffo di capelli principale di Cracker sembri proprio un filoncino di pane, concentriamoci anche sulle tecniche associate all’utilizzo di Pretzel in battaglia.
    -Honey Pretzel Letteralmente Pretzel al miele, miele che può essere infatti usato assieme al latte per ottenere un impasto diverso da quello impegato nella preparazione del Pretzel ordinario
    -Roll Pretzel Letteralmente Pretzel rotondo, rotondo come i panini Pretzel (Pretzel Rolls) diffusi nel Sud del Tirolo.

    3.0 Cracker Il Misericordioso
    Cracker ,come molti altri pirati nel mondo di One piece (come del resto i pirati nel mondo reale), è conosciuto con un epiteto, in questo caso “ Thousand Arms” ossia “Mille Braccia”.
    Partendo dal presupposto che, come ben sappiamo, l’attribuzione di un soprannome deriva da un qualcosa che caratterizza l’individuo, dal punto di vista del Governo Mondiale questo epiteto fa riferimento al fatto che in apparenza il suo potere gli permetta di aumentare il numero di arti a disposizione, mentre noi sappiamo benissimo che quello che si crede essere il suo corpo reale in realtà sia un’armatura di biscotti.
    Bene. Thousand Arms è uno degli epiteti con il quale ci si
    riferisce a Avalokiteśvara (anche Lokeśvara ;in cinese
    Guānyīn o Guānshìyīn ; in giapponese Kannon,Kwannon
    o anche Kanzeon etc. etc.) il bodhisattva della compassione
    di tutti i Budda.

    Il termine Bodhisattva è un termine sanscrito maschile caratteristico del Buddismo Mahyana traducibile come “Essere che aspira all’ Illuminazione”.
    Il Buddismo Mahyana è una delle correnti principali del Buddismo secondo la quale ogni individuo è destinato a diventare Bodhisattva, cioè a raggiungere l’illuminazione, non affinché possa giovarne lui stesso, ma per diffondere la conoscenza acquisita agli altri aiutandoli sulla via della salvezza e liberandoli dalle catene karmiche della sofferenza ciclica, motivo per il quale essi tardano ad entrare nel Nirvana.
    Secondo la tradizione, Avalokitesvara fu un bodhisattva che fece il voto di essere d’aiuto a tutti gli esseri viventi: egli arrivò a posporre la sua stessa boddicità al fatto di poter assistere ed essere di conforto a tutti gli esseri che soffrono, fino all’ eliminazione del dolore e della sofferenza per tutti gli esseri senzienti e il raggiungimento del Nirvana.
    In sanscrito il significato del suo nome è “Signore che guarda”, dalla combinazione delle parole avalokita – colui che guarda, e isvara– signore; in tibetano “signore dallo sguardo compassionevole” mentre nella tradizione spirituale cinese è anche “colei che ascolta il suono”.
    Diverse sono le sue manifestazioni e a ciascuna di esse ci si riferisce con epiteti specifici
    Senju Kannon è la manifestazione rappresentata con mille braccia di cui possiamo trovare traccia anche in Opere diverse da One Piece : basti pensaSenpō Mokuton: Shin Sūsenju (Sage Art: Wood Style: Shinsu Senju, Veritable 1000-Armed Kan'on ) di Hashirama Senju, o allo Hyakushiki Kannon (100-Type Guanyin Bodhisattva ) di Isaac Netero.
    Altra manifestazione è Bato Kannon , protettore degli animali e anche,secondo alcune credenze più tardive rispetto all’origine del suo culto, protettore di coloro i quali si sono reincarnati in animali a seguito della loro morte.
    Esso si dice non proteggere solo gli animali “stupidi”, in particolar modo quelli al servizio degli uomini, sulla terra, estendendo i suoi poteri e proteggendo i loro spiriti permettendo loro di vivere in modo più felice di quanto non abbiano fatto durante la loro vita terrena.
    Bato Kannon significa infatti “Horse Headed Kannon”, “Kannon dalla testa di cavallo”, cavallo simbolo del dominio del “Re Ideale”.
    Esso infatti è caratterizzato dal fatto di indossare una testa di Cavallo bianco proprio come se fosse una corona.
    Motivo per cui In Giappone gli allevatori lo pregano in modo tale che essa protegga i loro cavalli e il loro bestiame, o per cui a partire dal periodo Tokugawa, numerose furono le steli raffiguranti Bato Kannnon dedicate a cavalli morti.
    Tenendo a mente ciò risulta interessante sottolineare che ciascuno dei Biscuit Knigth indossi un elmetto spartano con crine di cavallo e soprattutto che essi possano guadagnare un paio di gambe supplementari divenendo simili a dei centauri, esseri della mitologia greca per metà uomini e per metà cavalli appunto.
    Come se non bastasse il massimo numero di braccia mostrati dai cavalieri di biscotti è 8, come 8 è il massimo numero di braccia con il quale Bato Kannon appare in alcune iconografie. E nel tentativo di trovare qualche collegamento tra Kannon e i biscotti, ho scoperto dell’esistenza di un tipo di porcellana chiamata “Porcellana Biscuit”, bianca, opaca, simile al marmo, molto utilizzata in Europa, per quanto nata in Cina, e usata tra le tante cose per realizzare statuette,come quelle raffiguranti proprio Kannon

    La particolare denominazione Biscuit deriva dal fatto che la sua fabbricazione prevede duplici cotture ad una temperatura di circa 1300° : biscotto, come ho avuto modo già di dire in precedenza, significa infatti “cotto due volte.


    Charlotte Smoothie
    Charlotte Smoothie, quattordicesima figlia femmina della famiglia Charlotte e ministro del succo, è una piratessa sulla cui testa pende una taglia da 932 milioni di Berry, cosa che fa di lei, dopo Jack “Siccità” e suo fratello Charlotte Katakuri,il pirata con la taglia più alta considerando le taglie a noi note.

    1. Charlotte Smoothie e il Folklore giapponese.
    Come oramai ben sappiamo, Smoothie non è un semplice essere umano, bensì un ibrido umano-gambe lunghe per quanto, da un punto di vista prettamente estetico, non ci sia alcuna differenza con un gambelunghe puro come Tamago o Blue Gilly.
    Infatti quello dei mezzi uomini pesce è l’unico caso (attualmente conosciuto) di ibridi per metà umani distinguibili da individui puri dell’altra specie, avendo i Fishman caratteristiche proprie molto più pronunciate di un Gambe lunghe ad esempio che, al di là della maggior lunghezza delle gambe, è pressocchè simile ad un semplice umano.
    Soffermandoci sulla tribù dei gambe-lunghe possiamo dire che essa è ispirata agli Ashinaga-jin che , assieme ai Tenaga-Jin (a cui invece sono ispirati i Braccia-lunghe), formano la coppia Ashinaga-Tenaga: stiamo parlando in entrambi i casi yokai, ossia un gruppo di creature molto popolari del folkrore giapponese che comprende creature sovrannaturali,spiriti,demoni etc.
    Gli Ashinaga e i Tenaga jin secondo la tradizione collaborano tra di loro utilizzando e mettendo a reciproco servizio le capacità legate alle loro peculiarità anatomiche: gli ashinaga utlizzano le loro gambe lunghe per poter raggiungere luoghi idonei alla pesca con un fondale più profondo, i Tenaga sulle loro spalle utilizzano invece le loro lunghe braccia per afferrare e tirar fuori i pesci dall'acqua.
    Secondo la “Wakan Sansai Zue” del 1712 , nome di una Leishu giapponese illustrata, i Tenaga sono conosciuti anche come “Chohi” e le loro braccia possono raggiungere una lunghezza di 3 Jo.
    https://it.wikipedia.org/wiki/File:Wakan_S...naga_Chouhi.jpg
    Lo Jo è un’unità di misura giapponese derivante dallo Shaku, ossia l’ unità di misura principale per la misura della lunghezza equivalente 0,3030 m.Pertanto, considerando la relazione 1 Jo=10 Shaku, avremo che 3 Jo equivalgono a 9,090 m.
    Per Leishu invece ci si riferisce ad un genere di libri realizzati in Cina e nelle regioni della Sinosfera, ossia delle regioni dell' Est dell’Asia influenzate dalla cultura cinese, contenenti informazioni di varia natura, con spesso estratti di altri lavori e talvolta persino copie di lavori interi.
    Si tratta di un vero e proprio sistema antologico con un’accezione enciclopedica, nella misura in cui si ripropone di racchiudere tutta la conoscenza in una serie di lavori classificati in categorie e addirittura sottocategorie.
    Di Tenaga Jin si sente per la prima volta parlare in Cina, dove la leggenda del binomio Ashinaga-Tenaga si diffuse, nel Shan Hai Jing, o “Libro dei monti e dei mari”, contenente descrizioni di carattere geografico della Cina, con attenzione a località specifiche, alla fauna, a particolari di carattere medico e persino mitologico/favolistico.
    Abbiamo così un riferimento geografico preciso che vede i “gambe lunghe”, qui chiamati in cinese Chángbìmín 長臂民 (lunghi gomiti), collocati nelle zone costiere della Cina del Nord.
    La leggenda poi dalla Cina raggiunse il Giappone diffondendosi presso le corti imperiali, così come testimonia un dipinto ottocentesco(https://it.wikipedia.org/wiki/Ashinaga-Ten...jpg) attualmenteconservato nella Biblioteca della Dieta Giapponese, ma originario del palazzo del sovrano di Kyoto, dove era collocato sulla porta della seiryoden, stanza posta ad ovest del palazzo imperiale e rivolta verso Est, originariamente usata dall’imperatore per svolgere i propri affari, e successivamente sfruttata per riunioni e meeting.
    Da sottolineare inoltre il fatto che in Giappone con Ashinaga-Tenaga ci si riferisca ad un gigante del folklore giapponese, residente, secondo gli abitanti delle prefetture di Akita e Yamagata, sul Monte Chokai, dal quale poi sarebbe sceso a valle commettendo barbarie nei villaggi e attaccando le navi ormeggiate.
    Nella prefettura di Fukushima un altro tenaga-ashinaga vive sul Monte Ba, mentre nella Prefettura di Nagano esso viene venerato come il servitore della principale divinità a cui è dedicato tempio shinto di Suwa Taisha .
    2. Smoothie, il guerriero “orientale”
    Da un punto di vista di mero design, l’armatura della dolce comandante impreziosita di pietre differenti e con le sue decorazioni caratteristiche , risulta particolare per quel suo stile un po’ “orientaleggiante”; d’altro canto saltano all’occhio la lunga sciarpa e il copricapo che, seppur vagamente, ricordano elementi caratteristici del vestiario della cultura araba e medio orientale.
    Non so se ve ne siate accorti, ma Smoothie ha sulla sua gamba destra un tatuaggio raffigurante un fiore (come del resto Charlotte Citron in apparenza, per quanto il fiore sia diverso) e delle foglie stilizzate ben evidenti, essendo, secondo quanto detto dallo stesso Oda, abitudine dei Gambe Lunghe, mettere in mostra le lunghe gambe di cui vanno fieri e i tatuaggi che le adornano.

    Ora, rimanendo nell’ambito della cultura medio-orientale, è interessante il fatto che proprio l’immagine del fiore sia uno degli elementi ricorrenti dell’Arabesco, uno stile ornamentale usato dalla cultura islamica come mezzo di espressione per decorare interni ed esterni, soprattutto delle moschee.
    In primis fu il gusto rinascimentale ad associare queste forme alla sua visione del mondo Islamico osservando probabilmente i tessuti della Persia e della Turchia e le ceramiche ottomane .

    Esso utilizza motivi stilizzati, steli intrecciati o collegati, spesso ornato da segni o frutti ed elementi geometrici ,come quelli presenti sull’armatura di smoothie, intrecciati in modo simmetrico con continue variazioni dell’orientazione reciproca dei singoli elementi per poter trasmettere all’osservatore un senso di pace,serenità e bellezza.
    www.google.it/search?q=CHARLOTTE+C...=I83hICBepapGGM:
    www.google.it/search?q=arabesco&so...=Sro4h6vcgJ1YfM:
    www.google.it/search?q=arabesco&so...=g-gaNlwNZmGisM:
    www.google.it/search?biw=1536&bih=...=SbfNj2bvzRAuxM:
    Questo tipo di rappresentazione è conosciuta in spagnolo come “Ataurique”, che significa l'usare come unità-base la foglia o il fiore,‭ ‬privata della sua forma naturale per non dare un senso di debolezza e di morte,‭ ‬trasformandola in forme che suggeriscano la sensazione di esistenza e di immortalità.
    Difficile però spiegare perché l'arte islamica abbia creato l'arabesco ; le origini potrebbero ricercarsi facilmente in alcune forme decorative dell'Antichità classica, in particolare nelle foglie d'acanto disposte ritmicamente che compaiono a volte su elementi architettonici quali capitelli o trabeazioni.
    E infatti l’acanto è la pianta più utilizzata in forma stilizzata, con enfasi particolare sulle foglie e le viti, quando invece le forme primordiali erano, da un punto di vista botanico, inesistenti.
    Tuttavia è anche possibile che esso derivi dai più diffusi motivi che decorano i bordi di oggetti, in tutta l'Europa e l'Asia. Il mondo islamico avrebbe quindi trasformato un motivo derivato dalle arti applicate in uno dei più importanti temi della creatività artistica: la causa di questo fenomeno potrebbe essere individuata nel rifiuto dell’iconografia islamico. Quando si cominciò, soprattutto dopo il sec. 12°, a rappresentare gli esseri viventi con maggiore frequenza, l'arabesco assieme alla geometria, era ormai divenuto una norma consueta nella creazione estetica al punto che i nuovi motivi ne furono a loro volta condizionati e talora sopraffatti.
    E sempre rimanendo nell’ambito della cultura islamica, è possibile trovare traccia di quella che è un’altra delle caratteristiche del nostro ministro del succo: i capelli bianchi/argentei.
    Essi infatti vengono considerati come un dono di Allah e si racconta che il Profeta disse:«Non strappatevi i capelli bianchi, poiché per ogni Musulmano che arrivi ad avere i capelli bianchi, essi saranno per lui una luce nel Giorno del Giudizio!»
    Questo è il motivo per cui è proibito sia tagliargli che strapparli: ogni capello bianco/grigio è una luce conferita al credente da Allah, in grado di lavare via l’orma delle sue cattive azioni.
    Da questi e da altri ahadîth (termine che si usa per descrivere le parole e le azioni del Profeta Muhammad), i Sapienti dell’Islam hanno dedotto che, quando una gran parte dei capelli sono diventati bianchi, è raccomandato tingerli, ma non è permesso strapparli. Quando se ne hanno pochi bianchi, non è nemmeno raccomandato tingerli, soprattutto nel caso degli uomini.
    La donna può tingersi i capelli di rosso, di biondo… in effetti, questo è un affare privato, perché in ogni modo li mostrerà solo a suo marito e ai suoi parenti stretti.
    3.Charlotte, la donna succo.
    Smoothie è un termine inglese che si usa per descrivere i succhi ottenuti a partire da vegetali o frutta fresca.
    Smoothie non a caso ha ingerito un frutto del diavolo della categoria Paramisha grazie al quale è in grado di spremere il corpo di un essere vivente (compreso il suo) o di un qualcosa di organico,come le rocce vulcaniche del vulcano Mauri, senza infliggervi danni, creando, indipendentemente dalla sua origine, un succo squisito da cui Smoothie o chiunque altro potrà abbeverarsi, oppure estrandovi liquidi estranei, ad esempio veleni nel caso di esseri viventi.

    Un essere vivente soggetto ai suoi poteri, che proverà un senso piacere piuttosto che dolore, verrà lentamente prosciugato delle sue forza a tal punto che, disidratato completamente, non sarà più in grado di muoveri.Smoothie inoltre sembrerebbe poter assorbire liquidi aumentando le dimensioni del suo corpo, dei suoi abiti e delle sue armi, e incrementando le sue capacità (presumibilmente) in modo proporzionale alla quantità di liquidi assorbiti e che potrebbe poi rilasciare, in quantità variabili a sua discrezione, dalla lama della sua spada creando un fendente di succo compresso in grado di estendersi fino a lunghe distanze, come sembrerebbe suggerire la presenza di liquido su di essa nel capitolo 894.
    Questo potrebbe essere l’ennesimo riferimento ad Alice nel Paese delle Meraviglie (come se non ce ne fossero già abbastanza nella saga): più nello specifico potrebbe rimandare all’aumento di dimensioni di Alice dovute all’ingerimento di alcuni biscotti che nel racconto di Carrol, la portano a diventare talmente grande da toccare il soffitto della stanza in cui si trova.

    Durante l’inseguimento del Bianconiglio, Alice si trova davanti ad una porta troppo piccola per poter essere attraversata da lei…“0h” Esclama la serratura,la stessa serratura che sottolineando che nulla sia impossibile, invita la giovane a bere dalla bottiglietta appena apparsa sul tavolo con su scritto “Bevimi”, consiglio che Alice segue finendo per diventare talmente piccola da poter sì passare attraverso la porta, senza però poter più prendere la chiave della serratura lasciata sul tavolo. Ed è allora che la serratura le indica la scatola di biscotti, biscotti il cui ingerimento poi porta a effetti già esposti in precedenza.
    Nel capitolo 860, dinanzi ai vari membri del sottobosco criminale, Smoothie propone a loro una serie di succhi che avrebbe potuto, a seconda delle loro richieste, realizzare al momento.
    Vengono pertanto citati: lava del vulcano mauri, la giraffa che piange in modo strano, e la donna che ha pugnalato cento uomini.

    Ora il vulcano Mauri potrebbe rimandare all’isola di Maury negli Stati Uniti, unita alla vicina Isola di Vashon dalla quale originariamente era separata, perché nelle vicinanze è presente il Monte Rainer, uno strato vulcano dormiente situato nello Stato di Washington e che, assieme a molti altri vulcani degli Usa, forma la cosiddetta “Catena delle Cascate”.
    Per quanto riguarda la giraffa che piange in modo strano, nelle Sbs del Volume 88, grazie alla risposta di Oda alla domanda di un fan, veniamo a conoscenza dell’esistenza del “Kirin”(giraffa in giapponese), il nome di una fabbrica di birra di Tokyo, oltre che di un drink al gusto di limone.
    www.google.it/search?biw=1536&bih=...=LQ9uIupRhPwsgM:


    Charlotte Katakuri
    Charlotte Katakuri, secondo figlio maschio della famiglia Charlotte, più grande dei suoi fratelli gemelli Daifuku (Terzo Figlio) e Oven (Quarto figlio), ministro della farina con incarichi amministrativi su Komugi Island, è un pirata sulla cui testa pende una taglia pari a 1 miliardo e 57 milioni di Berry.
    1.Katakuri, il botanico.
    Katakuri è il nome con cui è conosciuta la pianta asiatica Erythronium japonicum, una pianta appartenente al genere Erythronium e alla famiglia delle Liliaceae, nativa di Giapppone, Korea, dell’estremo Est della Russia (più precisamente delle Isole Curili e dell’isola di Sakhalin),e del nord-est della Cina (provincie di Jilin e Liaoning).
    Altro nome con cui essa è conosciuta è “Giglio di Trota”, per quanto non è detto che tutti gli esemplari della specie presentino sulle foglie le macchie di colore nero (simili a quelle esibite dalle trote) a cui questo soprannome rimanda.
    Particolarmente contrastanti sono le opinioni degli studiosi che si dividono tra coloro i quali credono che essa sia in via di estinzione e chi crede invece di no.
    Nella versione del Ministro dell’ambiente giapponese della Red Data List, la grande lista riguardante lo status di conservazione delle specie viventi, (ossia l’indicatore della probabilità, calcolata sulla base di tutta una serie di fattori, che una data specie possa estinguersi o meno), la Katakuri è segnata come pianta a rischio nelle prefetture di Hyogo e Mie, nella regione del Kansai sull’isola di Honshu.
    Questa pianta infatti è particolarmente vulnerabile a causa del suo periodo vegetativo limitato e della sua crescita lenta: basti pensare al fatto che abbia bisogno di 7-8 anni per poter finalmente fiorire.
    La “Lista Rossa” presa in considerazione è quella della IUCN, istituita per la prima volta nel 1948 e rinnovata annualmente, redatta raccogliendo dati grazie all’aiuto di migliaia di volontari esperti nei campi della zoologia,della botanica e di campi di studio affini.
    La IUCN sopra citata è “L’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura”, un’ organizzazione non governativa (con il privilegio di prendere parte come “osservatore” all’Assemblea delle Nazioni Unite) con sede a Gland in Svizzera che, fondata nel 1948 nel comune francese di Fontainebleau, è definita come la più autorevole istituzione scientifica internazionale che si occupa di conservazione della natura.
    Essa nasce,in un momento storico nel quale si era molto indietro nell’ambito della tutela ambientale, con il compito di favorire la comunicazione delle organizzazioni e dei paesi membri (ben 62), promuovendone l’impegno attivo, la collaborazione reciproca e promuovendo soprattutto la ricerca scientifica.
    Potremmo considerare il suo motto questo: “vivere in un mondo che apprezza e conserva la natura.”
    Da Katakuri deriva Katakuriko, il nome dell'amido estratto dal bulbo della
    dell’Erythronium Japonicum, per quanto poi venga usato in gergo comune per la fecola di patate, l’amido ottenuto dallo schiacciamento dei tuberi delle patate stesse, e che successivamente viene essiccato per ottenere una polvere granulosa.
    Come alcuni di voi forse sapranno, sin dalla prima apparizione di Katakuri, nelle versioni inglesi dei capitoli, i traduttori hanno sempre utilizzato per lui il nome “Dogtooth”, per quanto in realtà i due nomi siano tutt’altro fuorchè termini identici in lingue diverse.
    Dente di Cane in fatti non è un altro dei modi con cui è conosciuta la E. Japonicum, bensì il nome comune della Erythronium dens-canis, appartenete alla stessa famiglia e allo stesso genere, ma ad una specie diversa, con un areale prettamente europeo e non asiatico.
    Il suo nome fa riferimento alla forma del bulbo che ricorda proprio il dente di un cane, bulbo da cui annualmente nascono fiori e foglie.
    Essa inoltre è una delle specie in cui è possibile individuare la caratteristica morfologica alla base del nome del genere Erythronium (con erythros che deriva dal greco e significa rosso) la tipica colorazione dei fiori sul rosa-porpora.
    Da quanto detto è evidente il fatto che per quanto il nome del dolce comandante voluto da Oda sia Katakuri, Dogtooth nel suo essere sbagliato comunque abbia un suo perché, considerando i denti appuntiti simil canini e il colore dei capelli del secondo figlio maschio della famiglia Charlotte.
    2. Katakuri, il Mostro
    “Mostro” è il modo in cui Katakuri è sempre stato chiamato da bambino per via della conformazione particolare della sua bocca e dei suoi denti tali da ricordare un’anguilla pellicano, come sottolinea anche Flambè nel capitolo 893. Eurypharynx pelecanoides o anguilla pellicano è un pesce abissale, unico rappresentante della famiglia Eurypharyngidae.
    La sua peculiarità sta proprio nell’incredibile apertura mascellare in grado di raggiunger persino i 0,6 m di ampiezza, e grazie alla quale è in grado di raccogliere le piccole prede delle quali si ciba, compensando le sue scarse abilità di nuotatore dovute all’assetto del corpo poco idrodinamico.
    Presenta un corpo allungato (di lunghezza fino a 1,8 m) e schiacciato, morfologia compatibile con il fatto che viva in condizioni di alta pressione a profondità abissali (tra 500 e 7.500 metri), dove regnano anche il freddo e l’assenza di luce, alla quale l’anguilla pellicano “risponde” con l’emissione di luce per mezzo di un organo bioluminescente utilizzato anche per attirare a sé le prede.
    3. Katakuri, l’uomo del Mochi
    Katakuri ha ingerito un frutto del diavolo classificato originariamente come Roja e successivamente, a seguito della correzione apportata dall’autore nella versione del capitolo 863 all’interno del volume 86, come Paramisha Speciale: stiamo parlando del frutto Mochi Mochi.
    Il mochi è un tipico dolce giapponese fatto di palline di riso tritate e pestate per ottenere una pasta bianca, glutinosa e appiccicosa a cui viene conferita una tipica forma tondeggiante: infatti mochi è la forma contratta di mochi-ii, che significa riso rotondo appunto.
    In alcuni articoli sul web potrete vederlo definito “Il Killer giapponese di Capodanno” in quanto, in virtù delle sue caratteristiche, tende a depositarsi nella gola e a bloccare le vie aeree specie delle persone più anziane, la cui capacità di masticazione e la stessa secrezione della saliva con gli anni si indebolisce.
    Un articolo riporta: “ Secondo i media giapponesi, il 90% delle persone finite in ospedale per colpa di questo piatto di Capodanno è composto da 'over 65'. E ogni anno si verificano problemi di questo tipo. Ecco dunque che a dicembre, nei giorni che precedono il 31, si moltiplicano i messaggi delle autorità, che invitano - specialmente i più giovani e gli anziani - a mangiare solo mochi tagliati a pezzetti molto piccoli.
    Eppure, nonostante gli avvertimenti, continuano a verificarsi decessi e incidenti legati a questo piatto. A cavallo tra il 2014 e il 2015, il numero delle vittime ha raggiunto il picco, con ben nove morti 'da mochi'. Nel 2016 c'è stato un decesso, mentre nei giorni scorsi i morti sono stati due, con diverse persone ricoverate."
    Esso nella tradizione viene attentamente preparato durante una vera e propria cerimonia chiamata “MochiTsuki” che richiede un’intera giornata e che parte dalla sera precedente, quando il riso viene messo a bagno e fatto essiccare per tutta la notte.
    Si dice che la prima cerimonia del Mochitsuki sia avvenuta quando i Kami discesero sulla terra, in un momento successivo all’inizio della coltivazione del riso nella provincia di Yamato durante il periodo Yaoi.
    Esso però originariamente veniva mangiato solo dall’imperatore e dai nobili, essendo considerato un portatore di buna sorte.
    A partire dal periodo Heian, i mochi in quanto “cibo per gli dei”, veniva offerto divinità presso i templi shintoisti durante cerimonie religiose tenute dagli aristocratici.
    E sempre al periodo Heian risalgono le prime testimonianze del suo utilizzo in occasione dei festeggiamenti per l’arrivo del nuovo anno.
    Era credenza dei i nobili facenti parte della corte imperiale infatti che lunghi filamenti di mochi appena realizzati fossero simbolo di lungavita e benessere, e che il mochi essiccato avrebbe rafforzato i denti di chiunque lo avesse mangiato
    Il riso utilizzato è un tipo di riso particolare chiamato “Mochigome” in giapponese, Oryza sativa glutinosa in termini scientifici, o più semplicemente “Riso Glutinoso”, non per la presenza di glutine, quanto per via del suo essere appiccicoso
    L’amido di cui il riso è ricco, è un composto organico con funzioni di riserva ed è costituito da tante piccole unità (o monomeri) di Beta Glucosio che, legandosi tra di loro formano una struttura più complessa detta polimero, o per meglio dire in questo caso polisaccaride (visto che si parla di carboidrati):l’amido appunto.
    Nella struttura dell’amido più nello specifico è possibile individuare due componenti principali: una componente lineare detta amilosio, e una componente ramificata detta amilopectina. Nel caso del riso glutinoso, è proprio l’abbondanza di amilopectina e la scarsa presenza di amilosio a far sì che durante la cottura i vari chicchi tendano ad incollarsi gli uni gli altri.
    Durante il Mochitsuki il riso viene prima bagnato e poi cotto con acqua bollente; con un martelletto chiamato kine viene triturato e pestato per circa due minuti dentro un mortaio detto usu fatto di legno, di pietra o cemento; una volta ottenuta una consistenza tale da non permettere più di vedere i singoli chicchi, il mochi può essere tagliato e modellato in piccole sfere che poi, per far sì che esse non si attacchino alle dita, verranno passate nell’amido di mais,nella fecola di patate, oppure nel Mochikoma, una polvere di riso glutinoso ottenuta dal Mochiko bagnato e poi essiccato.
    Il processo richiede però la presenza di almeno due persone che lavorino in perfetta sinergia tra di loro, uno che pesti il mochi, l’altro che lo rigiri ad ogni colpo. E affinché ciò possa venire, si usa gridare per ottenere una perfetta coordinazione creando un “ritmo”, motivo per cui in tal caso risulterà fondamentale riporre la propria fiducia nella persona che sta pestando il riso.
    Concetti come quelli di “ruotare” e “triturare” però non trovano applicazione solo nel Mochitsuki “più tradizionale”, ma anche nell’ omonima tecnica usata da Katakuri usando il suo tridente Mogura (pronunciabile anche come moguramochi): una tecnica che consiste nell’ aumentare il volume del suo braccio, attorcigliarlo, srotolarlo per poi estenderlo in avanti usando Mogura come una trivella in grado di perforare la roccia e provocare gravi ferite all’ avversario.
    Tornando alla tradizione invece c’è da aggiungere però che quella pocanzi descritta è solo una delle modalità di effettuare il Mochi Pounding (=pestata del Mochi), cosa che comunque non si apprende con uno specifico allenamento, quanto con la pura e semplice esperienza.
    Il Mochitsuki può essere un evento celebrato in famiglia, con il vicinato o con una piccola comunità. Tuttavia essendo in tempi recenti un processo
    abbastanza faticoso, sono vari negozi specializzati, utilizzando delle macchine automatiche, che triturano ed impastano il riso in poco tempo ed efficientemente, a preparare il mochi in modo tale da poterlo poi vendere, per quanto alcuni negozi mettano in vende l’usu e il kine nel periodo di Dicembre, a dimostrazione del fatto che ci sia una certa domanda per questi tipici utensili.
    D’altro canto però vengono anche organizzati i Matsuri, dei festival, derivanti in origine dalle feste tradizionali cinesi, durante le quali si svolgono performance di vario genere ed eventi differenti, tra cui proprio il Mochitsuki nelle vicinanze di luoghi di culto come templi.
    Pertanto non è nemmeno casuale che nel capitolo 883 Katakuri, dopo aver almeno in apparenza sconfitto luffy, crei un tempio di Mochi all’interno del quale poter fare merenda senza che nessuno potesse vedere la sua bocca.
    E volendo azzardare, non volendoci accontentare di considerarlo un tempio qualunque, possiamo sottolineare delle somiglianze con numerosi templi, come il Konno Hachimangu Shrine, dedicati al Kami Hachiman, divinità della guerra o più correttamente divinità protettrice dei guerrieri.
    Esso è anche il protettore del Giappone, del popolo giapponese e della casata imperiale ed è anche considerato dio dell’agricoltura dagli agricoltori che lo pregano per un buon raccolto, così come lo pregano i pescatori affinché la loro pesca possa andare a buon fine.
    Come detto in precedenza, per quanto il mochi venga poi consumato per tutto l’anno, essendo nell’immaginario comune portatore di felicità e di fortuna, è un qualcosa di tipico dello Shogatsu, un festival che si tiene per celebrare l’inizio del nuovo anno attraverso tutta una serie di usanze tipiche della cultura nipponica e che comprendono, tra le tante cose, la realizzazione di tipiche decorazioni utilizzando proprio il Mochi, come il Kagami Mochi e lo Yanagi Mochi, entrambe con degli omonimi nell’arsenale di tecniche di Katakuri.
    Il Kagami Mochi consiste in due palline di mochi di dimensioni differenti:di esse quella più grande viene collocata sotto la più piccola sulla quale invece viene appoggiato,con sopra una fogliolina, un daidai, ossia una variante asiatica di arancia amara, sostituita in tempi moderni da un tipo di mandarino giapponese detto Mikan, più dolce del daidai. Il tutto potrà essere arricchito con una lamina di Kombu, un tipo di alga commestibile appartenente alla famiglia delle Laminariacee ,e con uno spiedino di Persimmon, una tipologia di frutto comune a molte piante del genere Dyospyros : insomma un tipo di struttura che viene riproposta fedelmente, per quanto in una variante tipica di alcune regioni in cui vengono usate ben tre palle di Mochi, nel Kagami Mochi di Katakuri, tecnica usata sfruttando i poteri del risveglio per soffocare Luffy e chiudere lo scontro.
    Il numero due, ossia il numero di sfere di Mochi non è casuale: esse infatti simboleggiano rispettivamente il vecchio anno che lascia lo spazio al nuovo in arrivo, la contrapposizione tra Yin e Yang, tra il Sole e la Luna.
    Il Kagami Mochi, che originariamente poteva essere collocato in qualunque angolo della casa, oggi viene posto sull’altare shintoista di famiglia , il Kamidana, oppure in una rientranza della parete della stanza principale della casa detta Tokonoma.
    Il dolce viene così posto su di un supporto di legno chiamato Sanpo, con sotto di esso un foglio di carta chiamato Shihobeni, che non ha solo una funzione pratica ed estetica, ma rappresenta soprattutto un augurio per la casa scongiurando eventuali incendi casalinghi per gli anni a venire.
    Non è insolito inoltre trovare come decorazione aggiuntiva al kagami, dei fogli di carta a forma di fulmine chiamati Gohei , che sono simili a quelli usati dai lottatori di sumo per decorare le proprie cinture.
    Il Kagami Mochi alla fine viene rotto e poi mangiato in un rituale shintoista chiamato Kagami Biraki, che vuol dire apertura dello specchio.
    Questo rituale viene celebrato a partire dal secondo Sabato del mese di gennaio e dura fino alla domenica.
    E' molto importante soprattutto nei dojo di arti marziali per merito di Jigoro Kano, il fondatore del judo, che lo ha adottato nel 1884.
    Da allora questa cerimonia si è diffusa in tutte le altre arti marziali diventando importante anche tra i praticanti dell' aikido, il karate ed il jujutsu.
    Poco fa abbiamo parlato del Kami Biraki, il nome di un rituale che ripeto significare “Apertura dello specchio”.
    Kagami significa non a caso letteralmente specchio. Si racconta infatti che la sua forma rimanderebbe allo “Specchio di Bronzo” o Yata no Kagami, uno dei tre sacri tesori che costituiscono le insegne imperiali del Giappone (e usate come fonte di ispirazione per le tecniche dell’ammiraglio Kizaru). Però, alcuni ricercatori folcloristici affermano che la forma del kagami mochi è in realtà ispirata alle spire arrotolate dei serpenti sacri, cosa che potrebbe rappresentate una valida ragione del fatto che Oda abbia deciso di far utilizzare proprio contro Katakuri una forma di Gear Fourth chiamata “Snakeman”.
    Lo Yanagi Mochi è uno storico dolce giapponese che consiste in palline di mochi rivestite con pasta di fagioli rossi, e che viene venduto presso la stazione di Sapporo, la quinta città più popolosa del Giappone.
    Yanagi Mochi è anche l’elemento costitutivo di un tipo di decorazione chiamata Me-Jo relizzata in occasione del nuovo anno, e che consiste in palle di mochi di color rosso,bianco,giallo o verde poggiato sui rami di salice (Yanagi).
    Infatti l’omonima tecnica usata da Katakuri consiste nel colpire l’avversario con una serie di gambe di mochi che, durante il primo utilizzo della tecnica nel capitolo 880 , ci vengono fatte vedere ramificarsi proprio dalla gamba principale, proprio come i rami di un albero.
    Fino ad ora nel corso di questa analisi, abbiamo parlato in lungo e in largo del mochi sotto i punti di vista più disparati, riferendoci però ad esso come torta dolce di forma tondeggiante a base di riso, quando poi in realtà molto più comunemente le variazioni sul tema, sia in termini di forma che di composizione, sono molteplice.
    Ad esempio può essere grigliato: in tal caso parleremo di Yaki Mochi,
    mochi Grigliato viene cotto alla griglia su carbone o, soprattutto in tempi più recenti, anche in cucine a gas ad una temperatura di 180 gradi centigradi per cinque minuti e che , durante il periodo autunnale, viene mangiato sorseggiando sake alla vista della luna piena.
    Lo Yaki Mochi è una tecnica che infatti consiste nel far aumentare il volume del suo braccio a tal punto da farlo scoppiare in modo tale che lo spostamento d’aria generato dallo scoppio lanci come un missile il braccio (similmente a quanto abbiamo visto fare ai robottoni della tradizione giapponese) che, per via dell’attrito, si surriscalda a tal punto da prendere fuoco.
    Piuttosto che la tipica forma tondeggiante, il mochi potrà avere forma squadrata
    nel Kaku Mochi o Kirimochi, mochi tostato a cui viene data una forma squadrata e che potrà essere servito con salsa di soia o affiancato ai noodles.
    Ed infatti durante l’esecuzione del Kaku Mochi, Katakuri non fa altro che squadrare le proprie dita e le proprie braccia per poi indurirle con l’haki dell’armatura, creando un’armatura incredibilmente resistente ed efficiente sia in fase di attacco che di difesa.
    Per Giri/Kiri Mochi (da cui deriva lo Zan Giri Mochi usato da Katakuri nelle ultime battute del suo scontro con Luffy) si intende semplicemente il mochi non dolce, tagliato, confezionato e pronto per poter essere venduto.
    Raindrop Mochi rimanda ad un piatto abbastanza particolare chiamato Mizu Shingen Mochi, Raindrop Cake o Torta all’acqua nata da un’idea della Kinseiken Seika Company nella città di Hokuto, nella prefettua di Yamanashi e tipica, almeno in Giappone, di soli due negozi di tale prefettura.
    La sua peculiarità sta nel fatto che non venga utilizzato il mochi, quanto l’acqua presa dalle sorgenti delle Alpi giapponesi o più comunemente filtrata, che viene gelificata sciogliendovi all’interno l’agar agar(in giapponese Kanten= clima freddo), un polisaccaride ricavato da alcune Rodophyte (o alghe rosse) di generi differenti (generi più utilizzati sono Gracilaria e Gelidium), che insolubile a freddo, si scioglie se mescolato con acqua in fase di ebollizione.
    L’acqua vien messa così a bollire per circa un minuto; nel caso in cui si dovessero vedere ancora i granuli di agar agar, sarà sufficiente prolungare la bollitura per un altro minuto.
    Durante il processo di raffreddamento le molecole del polisaccaride pian piano si legano fra loro per formare un reticolo che intrappola l’acqua e le altre molecole presenti formando una gelatina, quando la temperatura ha raggiunto i 30-40 °C, con la possibilità poi di sciogliersi nuovamente se riscladato.
    Le Muso Donuts prendono spunto dalle semplici ciambelle di Mochi, mentre il Chikara Mochi(tecnica il cui nome sembrerebbe essere anche un gioco di parole con “strong man”) è sia il nome di alcuni negozi specializzati nella realizzazione e nella vendita di prodotti a base di mochi (alcuni dei quali anche al di fuori del Giappone, come ad esempio negli Stati Uniti), sia di un tipo di mochi relizzato nella prefettura di Shiga presso il Miidera Chikara Mochi Honke e chimato Mideera Chikara Mochi appunto; esso viene realizzato usando le tecniche tradizionali tramandate all’interno della compagnia sin dalla sua fondazione nel 1869 usando un nettare particolare e farina si soia senza aggiunta di conservanti; esso poi verrà servito allo spiedo con una salsa dolce e con la possibilità di sorseggiare del thè verde presso l’angolo cafè del locale.


    Charlotte Perospero
    Charlotte Persospero, ministro delle caramelle, primo figlio maschio della famiglia Charlotte, è un pirata sulla cui testa pende una taglia da 700 milioni di berry.
    Il nome Perospero sembrerebbe unire l'onomatopea pero pero indicante il suono prodotto dall'atto di leccare qualcosa, e Prospero, personaggio de "La tempesta" di Shakespeare, scritta tra il 1610 e il 1611, e ritenuta dai critici come uno degli ultimi lavori che Shakespeare scrisse da solo.
    Prospero, legittimo duca di Milano, assieme a sua figlia Miranda fu abbandonato dal fratello Antonio, intenzionato a prendere il suo posto, su una scialuppa in mezzo al mare .
    I due, grazie anche al consigliere di Alfonso, Gonzalo, che lasciò nella scialuppa cibo, acqua e tutto quello che potesse in qualche modo esser loro utile, riuscirono a salvarsi e a raggiungere un’isola dove però furono intrappolati per 12 anni dalla malvagia maga Sicorace, anch’essa isolata in quel posto, prima che sopraggiungesse la sua morte, antecedente all’arrivo di Prospero.
    La strega aveva un figlio brutto e deforme di nome Calibano che fu istruito da Prospero nel parlare la loro lingua, istruendolo a sua volta sul come sopravvivere sull’isola.
    Calibano finì per restare ammaliato dalla bellezza di Miranda a tal punto che tentò di sedurla per poter creare una nuova razza che ripopolasse l’isola.
    Prospero aveva grandi conoscenze di carattere magico grazie alle quali riuscì ad assoggettare Calibano e anche lo spirito Ariel, che Prospero salvò dall’albero, all’interno del quale era stato intrappolato dalla maga Sicorace, promettendogli che, in cambio del suo aiuto, alla fine lo avrebbe liberato.
    Alcuni studiosi ritengono che il personaggio rappresenti Shakespeare perché manipola le azioni degli altri personaggi proprio come lo scrittore.
    Basti pensare al fatto che dopo aver fatto di tutto affinché tra sua figlia Miranda e il buono e ingenuo Ferdinando, figlio di Alfonso, fatto naufragare sull’isola assieme al padre dallo stesso Prospero creando una tempesta, sbocciasse l’amore, tentò di compromettere il loro rapporto con l’obiettivo di rafforzarlo.
    E più in generale è tutta la storia a ruotare attorno al suo tentativo di manipolare tutto e tutti, grazie all’utilizzo delle sue arti magiche.
    Prospero infatti è un mago di ordine superiore, di tutt’altra specie rispetto a quelli che arrivano al punto di firmare un patto con il diavolo per ottenere potere ed ogni sorta di piacere in cambio però della loro anima.
    Egli ama la conoscenza ed particolare la conoscenza degli incantesimi ottenuta anche grazie ai libri. Si concentra talmente tanto sulla magia, usata per creare temporali, divertire ed esercitare potere e controllo sulle vite degli altri, a tal punto da non accorgersi che suo fratello voglia usurparlo ed ucciderlo.
    La magia è un qualcosa di pericoloso; tuttavia con Prospero, spinto dal desiderio di conoscenza, diventa uno strumento di salvezza, anche in quanto elemento in grado di fare da ponte con il mondo degli spiriti, il contatto con il quale è in grado di dare delle risposte che la scienza non è in grado di dare.
    Ottenute queste risposte, la magia perde la sua utilità e l’unica cosa che rimane è la saggezza.
    Al termine dell’opera l’amore tra Ferdinando e Miranda non fa altro che portare alla riappacificazione tra Prospero e suo fratello.
    Egli pertanto spezza la sua bacchetta: niente più magia né inganno.
    Abbandona così la sua vita da mago, cosa in cui tra le righe è possibile scorgere l’abbandono dello stesso Shakespeare del teatro.
    “Cala così il sipario sulla scena” con quello che viene definito uno dei più grandi monologhi della letteratura Shakespeariana.
    E' quasi certo che Shakespeare abbia modellato il personaggio di Prospero su quello di John Dee, il mago della regina Elisabetta.
    John Dee fu un alchimista, matematico, geografo, astrologo, astronomo e navigatore presso la corte di Elisabetta I, dove cominciò ad operare dopo la caduta delle accuse di stregoneria nei suoi confronti.
    Nel corso degli anni nuove accuse di stregoneria non tardano ad arrivare, ma ,nonostante ciò, la regina non perse mai la fiducia in lui nominandolo persino cancelliere della Cattedrale di San Paolo a Londra e poi sovrintendente del Christ College di Manchester, dove Dee si trasferì con la famiglia.
    Il perché di tali accuse è da ricercare nel fatto che per parte della sua vita si dedico' anche alla divinazione, alla filosofia ermetica (che influenzò fortemente il”suo” cristianesimo” assieme alle dottrine di Platone e Pitagora).
    Come se non bastasse, nel 1581 cominciò ad occuparsi di necromanzia. con l’aiuto dell’ alchimista inglese Edward Kelley, i rapporti con il quale poi si sarebbero rotti lasciandolo solo e poverissimo.
    Il nome del mago poi risulta particolarmente noto per la sua associazione al leggendario “Sigillum Emeth”, una versione “aggiornata” del Sigillum Dei che andò perso a seguito della morte dell’alchimista e attualmente conservato presso il British Museum.
    Un oggetto con il medesimo nome si dice sia appartenuto a Edward Kelley che, per sua ammissione, gli fu consegnato nientedimeno che dall’arcangelo Uriel.
    Kelley però sostenne che la sua, che si dice avesse la straordinaria capacità di spalancare le porte delll’aldilà, non aveva nulla a che vedere con quella di Dee,che sarebbe scomparsa subito dopo la sua morte;
    Il "Sigillum Dei" (Sigillo di Dio) o "Signum Dei vivi" (Segno del Dio vivente) è un diagramma magico di età medievale, un amuleto magico che, secondo fonti antiche quali il Liber Juratus Honorii, un antico grimorio (ossia un libro di magia) contenente informazioni necessarie sia per l’utilizzo di magie e incantesimi che per la creazione di amuleti e talismani appunto, permetteva al suo possessore di avere la capacità di vedere Dio e gli Angeli detta "visione beatifica" e ilpotere su tutte le creature eccetto gli Arcangeli. Il diagramma è formato principalmente da due circonferenze, un pentagramma, un eptagramma (stella a sette punte) ed un eptagono, riempiti con i nomi di Dio e degli Angeli. Le descrizioni che lo riguardano e le sue rappresentazioni grafiche differiscono da autore a autore, e molti di essi, tra i quali lo stesso Dee, non contenti del risultato dei propri predecessori hanno apportato delle modifiche o ne hanno realizzato delle proprie versioni rivedute e "corrette". Si arriva così al Sigillum Emeth.
    Ora, accertato che quantomeno da un punto di vista prettamente nominale, il riferimento a Prospero effettivamente ci sia, pur essendoci spinti ben al di là della semplice figura shakespeariana di Prospero, possiamo dire anche il bastone di caramelle, utilizzato come arma e spesso un po’ come uno scettro per modellare le sue creazioni di caramello, possa facilmente essere accostato alla bacchetta di Prospero. Andando ulteriormente a fondo nella nostra analisi del personaggio, impossibile non evidenziare come in realtà la figura del ministro delle caramelle, da un punto di vista di mero design (e non solo), riesca a fondere perfettamente in sé anche figure altre rispetto a quella del mago sopra citato.
    Notiamo innanzitutto somiglianze anche con il cappellaio matto di Alice nel paese delle meraviglie, opera citata in lungo e in largo nel corso dell’ormai conclusa WCI: basti pensare al lungo cappotto, al cappello, al papillion (nel caso di perospero a forma di caramella) e la quadrettatura presente sull’abito che ritroviamo in alcune raffigurazioni, come quella dell’illustratore inglese Sir John Tenniel. Per quanto, così come accade per gli altri personaggi dell’opera, Carrol si soffermi più che altro sul tratteggiarne la psicologia piuttosto che l’aspetto fisico. Il personaggio appare per la prima volta nel 1865 in “Le Avventure di Alice nel Paese delle meraviglia”, per poi apparire nuovamente nel seguito “Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò” del 1871. Interessante il fatto che per quanto l’appellativo “Cappellaio Matto” (Mad Hatter in inglese) sia abbastanza radicato nell’immaginario comune, esso in realtà non appaia realmente nelle opere originali dello scrittore britannico. L’appellativo getta le proprie radici nel modo di dire “Matto come un cappellaio”, molto utilizzato nell’ Inghilterra Vittoriana dove era di moda indossare cappelli e cilindri di feltro fatto di peli di castori canadesi. Per feltro si intende uno strato compatto di qualche millimetro, costituito da fibre di lana di pecora cardata (ma si può utilizzare qualsiasi altro tipo di pelo come quello di lepre, coniglio,castoro,lontra, capra e cammello)., ossia lana che, una volta lavata, viene sottoposta ad un processo di cardatura con il quale viene pettinata in modo tale da poter districare le fibre affinché possano essere allineate. Segue un processo di infeltrimento attraverso il quale, grazie al calore dell’acqua calda e all’azione meccanica le fibre, intrise di sapone, spalancano le loro cuticole, ossia scaglie di cheratina sovrapposte che costituiscono la struttura esterna delle fibre di lana stesse visibile al microscopio: le cuticole delle varie fibre potranno così incastrarsi portando ad una condizione di maggior compattezza. Curioso sottolineare il fatto che le prime corporazioni di cappellai considerassero come lo protettore San Giacomo Apostolo rappresentato come un pellegrino che porta in testa un cappello a larghe tese, ovviamente di feltro, ornato con una conchiglia. Si narra infatti che per proteggere le piante dei piedi provò ad imbottire i sandali coi batuffoli di lana che le pecore, nel pascolare, lasciavano attaccati ai cespugli spinosi. Il santo infatti, che era un pescatore, soffriva particolarmente durante i suoi viaggi, che allora venivano fatti a piedi, richiesti dall'opera di predicazione.
    Adottando questa soluzione perà si accorse che lo strato di lana pressato dal suo peso e bagnato dal sudore si induriva e trasformava in una falda compatta. Da qui l'invenzione del feltro. Il perché dell’utilizzo dell’aggettivo “matto” sta da ricercare nel fatto che il feltro fosse lavorato utilizzando composti tossici quali l’arsenico, la malachite, l’antimonio e il mercurio che, a lungo andare, avrebbero avuto degli effetti estremamente negativi sull’individuo, risultando dannosi per gli stessi cappellai che spesso provavano sulla loro stessa testa le loro creazioni. Quelli elencati poc’anzi sono tutti metalli pesanti e il fatto che venissero impiegati dai cappellai per realizzare i coloranti da poter poi utilizzare per i cappelli dipendeva dalle loro caratteristiche, ossia la resistenza sia all’acqua che alla corrosione. L’Arsenico , come del resto molti dei suoi composti, è un veleno particolarmente potente in grado di uccidere danneggiando in modo gravissimo il sistema digestivo. La colorazione delle iridi verde intenso (chiamato brillant green) era legata alla presenza di piombo e malachite, pietra dura di colore verde estratta in cave e usata assieme all’arsenico e all’antimonio come colorante e che, tenuta eccessivamente a contatto con l'organismo ed inalata, oltre ad essere radioattiva (sebbene in quantità limitatissima) creava anche significativi impedimenti alle vie respiratorie . L’ antimonio, anch’esso usato per trattare il feltro, essendo in grado di renderlo più resistente, di aumentarne la compattezza e di donargli capacità ignifughe, può causare mal di testa, confusione e depressione a piccole dosi e, con dosaggi più alti, attacchi di vomito violenti e frequenti, portando persino alla morte nell'arco di pochi giorni. Usato per rendere il tessuto impermeabile e più resistente era invece il mercurio a dare, passando dal cappello ai capelli dell’individuo, il tipico colorito arancione( lo stesso colore della soluzione di nitrato di mercurio in cui le fibre erano immerse), così come a causare gli scompensi umorali determinando l’insorgere di una sindrome conosciuta con il nome di “Sindrome del cappellaio ”, che divenne un vero e proprio flagello soprattutto in un periodo in cui i lavoratori non erano tutelati. D’altra parte a favorire l’inalazione dei vapori di mercurio era la scarsa dei ventilazione dei locali all’interno dei quali essi si trovavano a lavorare. Nel 1990, la Interaction Consulting & Enterprise, un'azienda di consulenza sulle ipersensibilità, ha compilato il seguente elenco di sintomi collegati all'esposizione al mercurio
    “Tosse, infiammazione gengivale, perdita dei denti, emicranie, irritabilità, disturbi renali, stanchezza, spossatezza, visione "a tunnel", perdita di appetito, vomito, sapore metallico, rash cutanei, dermatiti, difficoltà di respirazione, bronchite, dolore al petto, fiato corto, tremore, perdita di coordinazione, insonnia, perdita di visione periferica, scoloritura dell'iride, depressione fisica ed emozionale, diminuizione della libido, perdita di memoria, mal di stomaco, capacità mentali ridotte.”
    Se si arrivò a questo però fu a causa dell’incremento dei costi del feltro.
    La sempre più crescente richiesta di cappelli pertanto rese necessario trovare un’alternativa: dapprima si provò ad usare pelo di coniglio mescolato a lana di pecora, ma la qualità dell'infeltrimento era bassa. Si otteneva un feltro più grosso, troppo rigido, che mal prendeva la tintura e soprattutto mancava del tocco di peluria vellutata che distingueva il feltro di ottima qualità canadese, ormai a prezzi proibitivi. Solamente in Olanda si riusciva ad ottenere un feltro morbido e lucente. Furono i fiamminghi a scoprire come aumentare il grado di compattezza delle fibre di feltro attraverso l’immersione in una soluzione di un nitrato particolare. In breve così si scoprì il segreto della lavorazione fiamminga: il mercurio.
    L'uso del mercurio era diffuso da secoli, per un'infinità di scopi. Gli antichi lo conoscevano come veleno, e come tale lo usavano, ma a certe dosi lo credevano un elisir di lunga vita (salvo morirne per gli effetti tossici). Greci e latini lo utilizzavano negli unguenti disinfettanti e nei cosmetici.
    In breve tempo il consumo di mercurio aumentò esponenzialmente.
    I poveri lavoratori, costretti a lavorare seminudi a causa del calore chinati sulle vasche, finivano così per inalare i vapori emanati dalla soluzione intossicandosi senza nemmeno rendersene conto.
    Gli stessi artigiani, che poi “trasformavano” il feltro in cappelli, pur lavorando in condizioni migliori, restavano intossicati finendo spesso, come già detto in precedenza, per provare i capelli sulle loro testa.
    D’altro canto L'ultima fase della lavorazione prevedeva di incerare il feltro e foderarlo di pelle o stoffa, il che proteggeva il cappello dall'usura e il cliente dal contatto con le sostanze tossiche.
    Sta di fatto che, per quanto i suoi effetti tossici fossero ampiamente conosciuti, ci vollero anni e anni affinché si acquisisse la consapevolezza della reale entità del pericolo. Infatti solo più tardi si cercò di fare qualcosa sostituendo l’utilizzo di mercurio con ossido di carbonio.
    In Italia, seppur per anni si continuò ad usare sempre il medesimo sistema, nonostante si cercò di migliorare le condizioni dei luoghi in cui i lavoratori operavano rendendoli più arieggiati, è documentata un'epidemia di mercurialismo particolarmente grave in una famosissima fabbrica italiana di cappelli con personale quasi esclusivamente femminile, che nel 1943 ebbe 84 lavoratori alla follatura intossicati, su un totale di 173. Molti di essi, gravissimi, ottennero l'invalidità. Altri si ripresero dopo un periodo di allontanamento e cure. Per altri non vi fu mai una scomparsa completa dei sintomi.Gli studi fatti circa le cause di questo picco epidemiologico portarono ad indicare una serie di cause concomitanti: nel '43 la ditta aveva utilizzato del pelo più scadente che necessitava dell'uso di maggiori quantità di mercurio (si era intensificata la produzione di cappelli militari); l'emergenza guerra obbligò la fabbrica a risparmiare sul carbone e usare una caldaia più piccola, aumentando così la concentrazione di mercurio nell'acqua di folla; la medesima emergenza costrinse all'aumento delle ore di lavoro (fino a 9-10 al giorno); i razionamenti alimentari portarono ad una diffusa malnutrizione e dunque ad una minore difesa immunitaria.
    Ci furono altri nuovi casi anche negli anni successivi ma, sebbene la ditta mostrasse una certa disponibilità a istituire un fondo per le cure, e a distribuire gratuitamente un tot di latte al giorno per ''fortificare'' le operaie, non si impegnò mai realmente nella prevenzione. L'epidemia proseguì con alti e bassi ancora per un paio d'anni, per attestarsi poi a livelli più normali, fermo restando che la malattia professionale rimase comunque presente fino ad epoche recentissime.
    Tornando al personaggio “Carroliano” c’è da dire che alcune rappresentazioni, come quella di Tim Burton in Alice in Wonderland, sono state fortemente influenzate da questa interpretazione a tal punto che il trucco usato per il personaggio del Cappellaio interpretato da Johnny Depp, riprende altri aspetti sintomatici dell'avvelenamento da mercurio, per esempio la presenza di macchie arancioni sulla pelle.
    Si dice che nella realizzazione del personaggio, Carrol sia stato ispirato da da un tale Teophilius Carter, un venditore di mobili conosciuto come "Cappellaio Matto" per via della sua eccentricità e della sua abitudine di indossa un cilondro.
    Egli però è principalmente ricordato per aver inventato un particolare letto-sveglia (che svegliava il l’addormentato scaraventandolo a terra) che fu esposto al Crystal Palace durante l’esposizione mondiale del 1851. Da questo si potrebbe far derivare la fissazione del Cappellaio per il tempo e per gli orologi (porta infatti sempre con sè un orologio sul quale non solo segnate le ore, ma solo il giorno e il mese) e la sua costante “cattiveria” verso il Ghiro addormentato.
    C'è da dire che in realtà il cappellaio conosce di persona il tempo, anzi addirittura ci viene raccontato del loro litigio.
    Il cappellaio, che da ora chiameremo Hatta (diminutivo di Hatter), nel primo romanzo ci viene presentato come servitore della regina.
    E proprio in occasione della sua partecipazione ad un festival canoro organizzato dalla regina stessa che Hatta, cantando Twinkle, Twinkle little bat, finisce per fare però una pessima figura a tal punto che fu accusato di aver "ammazzato il tempo".
    E il fatto che per lui e i suoi amici le lancette dell'orologio siano sempre ferme alle ore cinque, motivo per cui "è sempre l'ora del thè, è da imputare al fatto che il tempo si fosse addirittura sentito offesso dalla sua esibizione canora, bloccando per loro le lancette a quell'ora.
    Hatta viene descritto come un personaggio pazzo squilibrato, non in grado di fare un discorso sensato o di portarne uno a termine senza interrompersi e divagare di continuo.Celebre poi il suo indovinello «Che differenza c’è fra un corvo e uno scrittoio?» che anche nei romanzi non ha risposta e fa ammattire i critici.
    Egli appare per la prima volta nel sesto capitolo in cui il Gatto di Yorkshire, alla domanda di Alice su chi vivesse in quelle terre, rispose parlandole del cappellaio e della sua amica, la Lepre marzolina, tanto pazza quanto lui.
    Infatti insieme a quest’ultima non manca di mostrare i suoi squilibri mentali nell'accogliere Alice, dapprima scacciandola e poi cercando di fare conversazione punzecchiandola con osservazioni personali e domande trabocchetto.
    Ritornando al nostro caro Peropsero, risulta difficile attribuirgli l’appellattivo di pazzo: abbiamo infatti avuto modo di conoscerlo come un personaggio più che altro sadico,crudele, che prova piacere nell’ “assaporare” la sofferenza altrui.
    Altro personaggio con evidenti somiglianze è Willy Wonka, un celebre personaggio orignario della novel per ragazzi Charlie and the Chocolate Factory, del suo seguito Charlie and the Great Glass Elevator e dei due adattamenti per il grande schermo, “Willy Wonka e la Fabbrica di Cioccolato” del 1971 e “La Fabbrica di Cioccolato”di Tim Burton del 2005.
    Stiamo parlando di un personaggio diverso, eppure troviamo ancora una volta elementi quali il lungo cappotto e il cilindro a cui in questo caso si aggiunge il tipico bastone reso nel caso di Oda(a patto che effettivamente un rimando consapevole ci sia), a forma di bastoncino di zucchero.
    Dal punto di vista della caratterizzazione, cercando di mettere insieme i vari tasselli dalle varie “interpretazioni”, possiamo dipingere Willy Wonka come un personaggio creativo,enigmatico,lunatico e come uno strano “genio”.
    Nella storia narrata il personaggio un giorno decide di organizzare un concorso per cui chiunque avesse trovato in cinque biglietti d’oro nascosti nelle sue tavolette di cioccolato, avrebbe avuto la possibilità di trascorrere una giornata intera all’interno della sua “Fabbrica di Cioccolato” che, ricordando sempre il fatto che si sia partiti parlando di One Piece, ci riporta alla mente la fabbrica di caramello realizzata da Perospero come copia dei laboratori di Punk Hazard affinchè Ceasar potesse portare avanti i propri esperimenti. Andando oltre parliamo di un altro persoanggio The Wild Catcher che invece appare nel film-musical inglese “Chitty Chitty Bang Bang del 1968, diretto da Ken Hugens e scritto sempre da quest’ultimo con la collaborazione di Rohal Dahl (autore di Charlie and the Chocolate Factory e del suo seguito Charlie and The Great Glass Elevator di cui abbiamo parlato in precedenza), risultando invece assente nel libro originale scritto da Ian Fleming.
    Il “Rapitore di bambini”, è un antagonista di supporto incaricato dal Barone Bomburst di di catturare e imprigionare i bambini nelle strade di Vulgaria, fittizia in quanto non esistente nel mondo reale.
    Ancora una volta sottolineiamo somiglianze in termini di vestiario e quindi design; d’altro canto colpisce l’atteggiamento comune dei due personaggi di regalare lecca-lecca ai bambini, usati nel caso del Child Catcher, come strumento per attrarli e poi rapirli.
    Perospero ha ingerito il frutto pero pero, che lo ha reso un uomo delle caramelle, in grado di creare e controllare caramello a proprio piacimento.
    Da questo punto di vista innanzitutto le sue abilità nella manipolazione del caramello potrebbero rimandare all' "Amezaiku", ossia l’arte tradizionale giapponese delle caramelle, che consiste nell’usare queste ultime, grazie all’utilizzo delle sole mani o anche di strumenti differenti quali piccole forbici e pinze, per realizzare delle vere e proprie sculture, ricoperte in seguito con del colorante commestibile.
    Durante il periodo Heian, l’ameizaku era utilizzato per realizzare dei doni da poter offrire presso i tempi di Kyoto e poi successivamente, a partire dal periodo Edo, divenne qualcosa di più comune con la diffusione di forme differenti di spettacoli di strada chiamati “Misemono”, festival il cui ricavato veniva impiegato nella cura dei santuari e dei tempi e che divennero ancora più famosi dopo la Seconda Guerra Mondiale.
    Ciò grazie anche alla diffusione della Mizuame, o “water candy, un liquido ottenuto a partire dalla trasformazione dell’amido, attraverso l’aggiunta di sciroppo di malto al riso glutinoso (di cui abbiamo già parlato nell’approfondimento su Katakuri), oppure di acidi quali acido cloridrico, acido solforico o acido nitrico all’amido ottenuto a partire dalle patate.
    La lavorazione si divide in pochi importanti passaggi.
    Inizialmente si bolle lo sciroppo di amido glutinoso fino a che esso non diventa una massa pastosa e trasparente, che viene modellata con l’utilizzo delle mani a formare una palla che viene conservata pronta per l’uso. In seguito si riscalda la pasta su una brace fino a rendere la caramella nuovamente flessibile. Quindi il materiale viene suddiviso in piccole porzioni e lavorato separatamente, cosa che richiede una certa maestria e abilità, visto che l’artista dovrà imparare a tollerare il dolore provocatogli dal calore.
    Poi il contatto con l'aria durante questo processo produrrà un puro colore bianco.
    La modellatura avviene in pochissimi minuti, prima che lo zucchero si raffreddi e si indurisca. Gli artisti più esperti, come Takahiro Mizuki, impiegano meno di tre minuti nella lavorazione. Una volta data la forma desiderata alla caramella, che può essere quella di un uccello, di un drago o di un cavallo, vengono utilizzati coloranti alimentari per decorare la creazione. Nonostante il metodo di lavorazione sia rimasto invariato negli anni, alcuni artisti, come ad esempio Sadaharu Ishiwari, si tengono al passo coi tempi accettando richieste nel creare caramelle di forma meno tradizionale, come ad esempio cantanti e artisti pop giapponesi.
    Nel mondo dell’amezaiku spicca il nome di Shinobu Ichiyanagi gemmologo, designer di gioielli, istruttore di karate oltre che scultore delle caramelle conosciuto dai suoi fan come “ Shan the CandyMan”, “Shan The Candy Scultor”, “Shan The Candy Artist”.
    Shinobu nel corso dei suo trent’anni di carriera è diventato un’artista internazionale: basti pensare al fatto che abbia partecipato a numerose feste private organizzate dai divi di HollyWood e a eventi organizzati da compagnie differenti.
    Per sua stessa ammissione tutto cominciò in California dove un uomo si avvicinò a lui interessato dalle sue creazioni di caramelle vendute a 25/30 centesimi, e che chiese lui se avesse voluto partecipare ai party delle celebrità.
    Egli cominciò ad esibirsi dinanzi a folle nutrite di adulti e bambini che guardavano alle sue creazioni con occhi carichi di meraviglia: d’arta parte la sua arte non può restare impressa nella memoria.
    Ora egli spesso raggiunge New York per partecipare ad eventi quali il Bar Mitsvah, un evento che nella cultura ebraica segna per i maschi il raggiungimento della maturità, per quanto si rechi anche presso Dubai con voli pagati dai suoi clienti.
    Interrogato su quali debbano essere le qualità per un “Candy Man” egli ha risposto: diligenza, dedizione, voglia di apprendere e di migliorare sempre le propire abilità, in modo tale da poter mostrare al pubblico la “magia” insita in quest’arte.
    Si sa però che le caremelle tendono a deteriorarsi, come qualunque cibo del resto , motivo per cui Shinobu ha affermato di voler realizzare delle sculture raffiguranti i segni zodiacali giapponesi da poter poi rivestire di oro anzichè di conservanti alimentari.
    Egli vuole rendere la sua arte un qualcosa di memorabile, in grado di dar vita a qualunque cosa; per sua stessa ammissione fino a quando ci sarà qualcosa da osservare, lui sarà in grado di rappresentarla.

    Tornando al frutto Pero Pero, guardando il parco di mosse posseduto dallo Charlotte, l'occhio ricade, per quello che è il nostro interesse all’aspetto più citazionistico, su due tecniche in particolare: Candy maiden e Candy Slug/Candy Sea Slug.
    Il Candy Maiden è sostanzialmente una riproposizione in caramello della Vergine di Norimberga/Vergine di ferro, uno strumento di tortura del diciottesimo secolo, considerato erroneamente medievale a causa di una storia nella quale si raccontava fosse stata usata per la prima volta a Norimberga il 14 Agosto 1515.
    Questa storia è stata raccontata per la prima volta nel 1793 dall Johann Philipp Siebenkees, un filosofo e archeologo tedesco, il quale raccontò che un falsario venne ucciso lentamente dagli spuntoni di ferro della macchina.
    14 Agosto 1525 è la data alla quale viene attribuita tale esecuzione.
    Siebenkees afferma che la Vergine fu utilizzata come strumento di esecuzione durante tutto il medioevo e nei secoli successivi per i processi alle streghe e persone che avevano compiuto particolari crimini come, appunto, falsificare monete.
    Ed è pertanto lo stessp Siebenkess a fornirci la prima descrizione di questo strumento:
    essa è costituita da una cabina di ferro suffcientemente alta da poter contenere un essere umano adulto, con l’aspetto di una fanciulla ed arricchita con una giorgiera, ossia il tipo colletto caratteristico del vestiario aristocratico maschile e femminile nel periodo tra il 15esimo e il 17esimo secolo, affinché in esso si potesse riconoscere il volto della Vergine Maria.
    Il condannato, una volta attraversate sette stanze con sette lucchetti prima di essere giustiziato, avrebbe raggiunto un lungo corridoio chiamato “Sala della Vergine dove era presente la Vergine di ferro, dinazi alla quale avrebbe visto il volto della Madonna a cui avrebbe potuto chiedere la supplica.
    Una volta intrappolato al suo interno, chiuse le ante della cabina, gli spuntoni che la rivestono internamente lo avrebbero infilzato in tutto il corpo;
    però essendo montati in modo tale da evitare di perforarne gli organi vitali, non lo avrebbero ucciso sul colpo, ma lentamente e dolorosamente facendolo agonizzare per qualche giorno fino a quando, con l’apertura della cabina, gli spuntoni fuoriuscnedo ne avrebbero dilaniato le carni portando alla morte per dissanguamento.
    Ma non solo..Il volto al quale il condannato aveva chiesto il perdono, era caratterizzato internamente da due chiodi che avrebbero provveduto a privarlo immediatamente della vista.
    C’è da dire però che la Vergine a partire dalla quale questa storia ha avuto inizio, fu distrutta durante un bombardamento nel 1944.
    Secondo Wolfgang Schild , professore di diritto penale, storia del diritto penale e di filosofia delle legge, le presunte Vergini di Ferro nel 17esimo secolo furono messe insieme a partire da manufatti trovati all’interno dei musei ed esposte per fini commerciali.
    Esse sarebbero state costruite come reinterpetazione del Schandmantel (in tedesco=mantello/barile della vergonga), un altro strumento di tortua risalente al 13esimo secolo fatto di legno a volte ricoperto con lamine di metallo fatto per essere indossato in pubblico dove il malcapitato (solitamente bracconieri e prostitute) sarebbe stato sbeffeggiato.
    Trinchesia speciosa invece è una specie di lumaca di mare, termine con il quale in gergo comune ci si riferisce ad alcuni organismi del Phylum dei molluschi, ma anche ad alcuni ricci di mare del phylum degli Echinodermata.
    Questa piccola lumaca più nello specifico è un gasteropode marino appartenente al gruppo dei Nudibranchi, caratterizzati dal fatto di non avere la conchiglia e quindi di essere “nudi”, e alla famiglia dei Trinchesidi.
    Questo gasteropode risalta all’occhio per la colorazione del suo corpo che si aggira sul giallo-arancione e turchese dei suoi cerata, delle estroflessioni dell’epidermide dei molluschi nudibranchi con funzione respiratoria,digestiva e spesso difensiva.
    Al suo interno sono infatti soliti conservare le cellule urticanti o nematocisti degli Cnidari dei quali si cibano, usandole poi come strumento di difesa dopo averle racchiuse in cnidosacchi al termine dei cerata.
    Altri nudibranchi, sprovvisti di nematocisti, attraverso un processo di autotomia o autoamputazione, rispondono a situazioni di pericolo perdendo alcuni cerata che emettono rapidamente una sostanza appiccicosa che possa fungere da diversivo.
    La Trinchesia è una specie endemica (ossia tipica) del Sud Africa presente dalle coste della Penisola del Capo fino a Port Elizabeth, una delle principali città portuali del Sud Africa.
    Gli studi che hanno portato a conoscerne le caratteristiche sono state fatti su due specimen trovati uno un miglio a Sud di Kalk Bay, un villaggio di pescartori , l’altro tra balani (crostacei maxillopodi, di piccole dimensioni conosciuti anche come “dente di cane”) a Dalebrook che, assieme a Kalk Bay, si trova presso False Bay, una baia sulla costa meridionale del Sudafrica, delimitata a ovest dalla Penisola del Capo e a est dal promontorio di Cape Hangklip.
    Ora vi starete chiedendo il perché di questa divagazione.
    Per rendervi più chiaro tutto, tutto vede associare la Candy Sea Slug (e alla lontana anche la Candy Sug) ai nudibranchi della specie Trinchesia speciosa per via del loro nome comune: “Candy Nudibrnach”.
    Invece quella che potremmo chiamare “Candy Frog” apparsa per la prima volta nel capitolo 901, sembrerebbe rappresentare un evidente richiamo, per via della corona sul loro capo, alla fiaba del “Principe Ranocchio”(Der Froschkönig in tedesco), molto conosciuta soprattutto per via della versione dei fratelli Grimm.
    Nella fiaba, una principessa fa suo malgrado amicizia con un ranocchio, che si scopre essere un principe tramutato da un incantesimo malvagio. Nelle versioni moderne, l'incantesimo viene spezzato da un bacio dato dalla principessa al ranocchio; nella fiaba di Grimm, ciò accade quando la principessa lancia la rana contro il muro in un atto di disgusto. In altre versioni ancora, è sufficiente che la rana passi la notte sul cuscino della principessa. Talvolta la rana viene citata come rospo. In genere, la principessa incontra il ranocchio mentre sta cercando una palla d'oro che le è caduta in uno stagno. Nella versione di Grimm, il principe ha un cocchiere chiamantesi Heinrich(Enrico), che ha cinto il suo cuore con tre anelli ferrei affinché non schianti stante il magone del suo signore trasformato. Quando vede il principe retrasformato, schiantano per la gioia. Questo è il finale della fiaba e la causa perché in tedesco ha il titolo completo «Der Froschkönig oder der eiserne Heinrich» («Il re ranocchio o Enrico di ferro»).
    Secondo Carl Gustav Jung psichiatra, psicanalista, antropologo e filosofo svizzero,
    la fiaba racconta il processo di iniziziazione di una giovane donna nel passaggio all’età adulta.
    D’altra parte quella palla d’oro che cade in fondo allo stagno, ossia la psiche dell’individuo, non sarebbe nient’altro se non proprio il distacco dalla propria parte infantile, alla quale però spesso non si ha voglia fi rinunciare.
    La principessa rappresenterebbe l’ego mentre il rospo, per le culture pre-indoeuropee simbolo di morte legato, insieme alla rana, simbolo di fecondità femminile in quanto “immagine” dell’utero della grande dea, al potere rigenerativo della Dea stessa di nascita-morte, la nostra parte più animalesca,selvaggia e in quanto tale più vicina alla natura.
    Ed è proprio il confronto/scontro con questa parte di noi quel qualcosa che ci permette di andare a fondo nello stagno, della nostra coscienza e recuperare quella palle che diventa anche manifestazione della consapevolezza di sé stessi.
    Come vedete quindi può dare il via a tutta una serie di interpretazioni il rapporto tra la principessa e il ranocchio all’interno del quale, l’amore non è sospinto dalla gratitudine, quanto dall’egoismo in un gioco di tornaconto personale.
    Il lancio del rospo contro il muro poi spezza l’incantesimo perchè rompe il “guscio” esterno della rospezza di cui era rivestito il bel principe.
    Il bacio al rospo entrato poi nell’immaginario collettivo e nei luoghi comuni (ad esempio “ingoiare il rospo”) è l’unica via per recuperare l’onore perduto e poter ottenere il lieto fine matrimoniale.
    Interessante inoltre il fatto che proprio tale fiaba, e più nello specifico la versione dei fratelli Grimm, sarebbe stata fonte di ispirazione per una serie di prodotti della Lindt, un'azienda multinazionale specializzata nel settore della produzione e vendita di prodotti dolciari e nella produzione di cioccolato di lusso, da poter regalare a San Valentino e che potrete trovare in Germania nella caterva di cuori pieni di cioccolate: stiamo parlando dei prodotti “Froschkönig “ che prendono direttamente l’immagine del principe ranocchio usandolo come “proprio volto”.


    Edited by Jackanddax - 8/5/2018, 09:32
     
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    Anche se a quanto pare la cosa non sta interessando quasi nessuno continuerò... Se poi non si dovesse avere proprio nessun responso allora adios ahahahah
    Baron Tamago,Membro della tribù dei Gambe Lunghe,Pirata sulla cui testa pende una taglia di 429.000.000 di berry, responsabile della sala delle offerte,combattente di grado cavaliere (per quanto solo la sua forma finale, ossia il conte niwatori venga effettivamente definito tale)
    Partendo da un qualcosa di più generale, per poi potermi soffermare sul personaggio specifico, la tribù dei gambe-lunghe è ispirata agli Ashinaga-jin che , assieme ai Tenaga-Jin (a cui invece sono ispirati i Braccia-lunghe), formano la coppia Ashinaga-Tenaga: stiamo parlando in entrambi i casi yokai, ossia un gruppo di creature molto popolari del folkrore giapponese che comprende creature sovrannaturali,spiriti,demoni etc.
    Gli Ashinaga e i Tenaga jin secondo la tradizione collaborano tra di loro utilizzando e mettendo a reciproco servizio le capacità legate alle loro peculiarità anatomiche: gli ashinaga utlizzano le loro gambe lunghe per poter raggiungere luoghi idonei alla pesca con un fondale più profondo, i tenaga sulle loro spalle utilizzano invece le loro lunghe braccia per afferrare e tirar fuori i pesci dall'acqua.
    Più nello specifico, il personaggio di Tamago (considerando il contesto favolistico di WCI e i numerosi riferimenti ad Alice nel paese delle meraviglie) sembrerebbe ispirato al personaggio di Humpty Dumpty, un personaggio originario delle nursery rime (in nord america Mother Goose Rhymes,in italiano filastrocche di mamma orca), e che poi è stato successivamente utilizzato da Lewis Carrol nel seguito di Alice nel Paese delle Meraviglie, ossia "Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò", in uno dei più celebri discorsi dell'opera in cui non solo viene introdotto il concetto di non compleanno (che poi ricorrerà in un modo significativo durante il "Tea Party"), ma in cui viene utilizzata una terminologia particolare entrata a far parte a pieno titolo nella lingua inglese.
    Humpty Dumpty,entrando un po' più nel dettaglio, è sostanzialmente un uovo alla coque antropomorfizzato. Per i non addetti ai lavori, un uovo alla coque è un uovo bollito in cui l’albume è appena solido e il tuorlo è liquido. Inoltre da un certo punto di vista, la porzione inferiore di guscio rotto che ricopre il corpo di tamago , potrebbe rimandare al guscio dell'uovo alla coque rotto nella parte superiore.
    Da questo punto di vista, inoltre ,interessante notare l'abitudine di Tamago di appellare le persone prive di esperienza come "mezze bollite", o nel caso di persone particolarmente arroganti come caribou, addirittura "crude".
    Inoltre a quanto pare i kanji utilzzati per far dire a tamago il pronome personale tu, è lo stesso che sta per tuorlo d'uovo.
    Rimanendo sempre in tema Lewis Carrol , tamago potrebbe far riferimento al Jubjub, ossia una creatura pericolosa, un uccello disperato che vive in una sofferenza perpetua a cui Carroll fa riferimento nel Jabberwocky, una poesia nonsense scritta e pubblicata nel 1871 nel romanzo Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò
    https://upload.wikimedia.org/wikipedia/com...2_-_page_18.png In questa illustrazione di Peter Newell che illustò i lavori di molti autori famosi, notare tra le tante cose le zampe del jub jub di notevole lunghezza.
    In giro è possibile trovare il parallelismo tra il personaggio Onepieciano e Il dottor Eggman di sonic in virtù non solo della forma del corpo, in entrambi casi rimandante a quella di uovo, ma anche degli occhiali e dei tipici baffi.
    Sempre tenendo in considerazione l'elemento dei baffi, si notava, anche tenendo conto della forma del cappello, anche una somiglianza col musicista Tamango, ricordato per il suo approccio alla musica gipsy
    www.worldmusic.net/media/articles/article/1129.jpg
    Per concludere, guardando al suo repertorio di mosse, il nome della tecnica Leg Benedict, è un gioco di parole con le "eggs benedict", uno dei piatti tradizionali del brunch americano . La versione tradizionale consiste di english muffin tagliato a metà e tostato, farcito con una fetta di prosciutto cotto o pancetta affumicata, uova in camicia e salsa hollandaise, deliziosa crema ottenuta dall’emulsione di rossi d’uovo con burro e succo di limone.


    Edited by Jackanddax - 30/10/2017, 22:28
     
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    Invece trovo sia molto interessante :asd:
    Più che altro bisognerebbe saperle/trovarle le citazioni..per questo per ora stai postando solo tu :sisi:
    Però se ti va continua, il topic può servire anche per poi andarsele a cercare retroattivamente :birra:
     
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    CITAZIONE (Marshall D.Teach @ 28/10/2017, 14:45) 
    Invece trovo sia molto interessante :asd:
    Più che altro bisognerebbe saperle/trovarle le citazioni..per questo per ora stai postando solo tu :sisi:
    Però se ti va continua, il topic può servire anche per poi andarsele a cercare retroattivamente :birra:

    Sisi lo so che bisogna trovarle le informazioni ahaha Solo che in assenza di commenti che potrebbero mostrare interessamento ù.ù
     
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    A me interessa sapere certe cose e anche io sono uno che cerca citazioni, mi scuso se leggo e ho letto adesso ma ero e sono occupato :)
    comunque anche io vedrò di postare qualcosa quando avrò un po di tempo, continua :)
    Finora interessante e credo che tutti i membri della ciurma di Big Mom centrano con le Fiabe :D
     
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    io non ho commentato, ma ho lasciato solo il like, per non rovinare la lista delle citazioni lol

    edita sempre il primo post, così rimangono fisse lì anche con i nostri post :osd:
     
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    Comunque tra un po' forse arriva perospero ahahaha
     
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    Sei proprio bravo a cercare queste informazioni e fare queste ricerche :)
     
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    Sisi ok, anche io st facendo qualcosa e vedrò di postarlo domani(perché oggi non posso), pensavo di farlo su Mont'Odor o su Pekoms :)
     
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    Pekoms, appartiene alla Razza Visone del tipo Leone, Membro dei Pirati Big Mom precedentemente Pirati Nox, sulla sua testa pende una taglia di 330.000.000 di berry

    Il nome di Pekoms deriva dall'espressione giapponese Pekopeko che significa essere molto affamato, ma anche servile, ossequioso ed adulatore che potrebbe ricollegarsi nel comportamento e il fatto che sia molto attaccato sia alla famiglia cha ha Big Mom.
    il nome potrebbe avere come riferimento anche al Dio Peko della mitologia Finlandese ed Estone, la Divinità e conosciuta anche con altri nomi Pekko, Pekka, Pellon Pekko ed è il Dio delle colture e specialmente dell'orzo e della birra.
    Però il nome del Leoncino potrebbe derivare ufficialmente dal Dio Baltico Perkunas e dal Dio Estone Pikne entrambi Dei dei Fulmini e dai cui centrerebbe con la capacità elettrica.
    Come caratteristica del personaggio e carattere potrebbe centrare con il Leone del Mago di OZ.
    Visti i poteri di Pekoms potrebbe essere ispirato alla Falsa Tartaruga del romanzo Alice nel Paese delle Meraviglie e nella forma ibrida l'aspetto è simile a quello del tarrasque, un mostro mitologico originario della Francia che ha la testa di un leone ed il carapace di una tartaruga. :)


    Ho trovato questo, se tu hai altro potresti accennarmi cosi aggiungo :D e fammi sapere se va bene :)
     
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    Grazie per il lavorone, Jackanddax :salve:

    Bella la canzoncina su Cracker :siga:

     
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    Cracker e smoothie :wub:
    jack, collabori con "one piece mania"?
    È strabiliante :wtf:
     
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    Bello davvero molto bello.
    Suppongo che farai anche Katakuri no?
     
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    CITAZIONE (Marshall D.Teach @ 6/4/2018, 13:11) 
    Cracker e smoothie :wub:
    jack, collabori con "one piece mania"?
    È strabiliante :wtf:

    Da poco ahahahah

    CITAZIONE (Demone del Labirinto @ 6/4/2018, 14:24) 
    Bello davvero molto bello.
    Suppongo che farai anche Katakuri no?

    In realtà c'è già, però urge un aggiornamento..Per inciso sto già provvedendo
     
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    Lavorone quello su Smoothie :clap: :clap: :clap:

    Gran chicca quella dei capelli, in particolare :sisi:
     
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95 replies since 27/10/2017, 22:29   2668 views
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